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Chi ha vissuto gli anni del grunge è sempre piuttosto scettico nei confronti delle band che ripropongono quei suoni e quella stessa attitudine. Stone Temple Pilots, Silverchair, Bush, Godsmack, Staind e Puddle of Mudd sono solo alcuni dei nomi che i “trve grunger” hanno sempre mal sopportato, anche perché saliti in classifica imitando Nirvana, Pearl Jam e Alice in Chains senza averne davvero il talento o il carisma, puntando piuttosto sull’ammiccamento facile. Qualche eccezione è stata fatta per chi ha mantenuto un’attitudine da “loser”, ma in generale, ai veri grunger, il cuore batte solo se punta a Seattle nei primi anni ’90. Tutte queste menate la nuova generazione le ignora quasi completamente e, per nostra fortuna, ha ripreso a far ruggire le chitarre in quel modo. I Soul Blind sono il perfetto prodotto per i giovani di oggi: hanno una produzione tosta e curata, facce pulite, riferimenti precisi e di alta qualità. In primis Alice in Chains e Deftones. Poi Helmet, Quicksand, Handsome, Failure e vari gruppi post-hardcore. Siamo quindi in piena zona alternative metal crossover, ma senza l’attitudine tamarra dei Godsmack, senza la ricerca del groove a tutti i costi e senza la necessità di far piangere ad ogni nota. C’è molta melodia, spesso introspettiva, a tratti persino emo. In sintesi: un ottimo prodottino che non deluderà chi nei primi anni 2000 credeva davvero nel “nu grunge”.
[Dale P.]
Canzoni significative: Business Or Pleasure, Dyno.
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