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'Versions' comincia nel punto in cui 'You Come Before You' terminava: porta il contrasto chiaroscurale tipico del sound della band ad una nuova dimensione di maturità e varietà nei contenuti, mantenendo un indelebile personalità nel songwriting, nonostante i cambiamenti di lineup che ne hanno accompagnato la crescita artistica. Chris A. Hornbrook, drummer della band e portavoce in questa sede racconta un po' di storia: "Derek Miller aveva lasciato la band già da un po' di tempo; è entrato poco dopo che la band era stata formata ed è stato il nostro chitarrista per cinque o sei anni. Ma voleva fare cose diverse: egli non voleva dedicare la maggior parte del suo tempo a suonare musica pesante e aveva capito che era giunto il momento di spostare la sua attenzione verso altri interessi. Derek è stato poi sostituito da un nostro amico di vecchia data, Jason Boyer. Aveva suonato in un paio di band in Florida e lo conoscemmo ad un concerto; è un ragazzo con cui condividiamo moltissime idee e modi di concepire la musica. Poi si è sposato e capimmo da ambo le parti che non sarebbe più stato in grado di segure la band in tour. Geoff Bergmann, bassista, ha suonato con noi per il tour di 'You Come Before You' e ha lasciato la band prima di Derek: era semplicemente inadatto per la nostra band. Fu sostituito da Ben Brown, un amico di un nostro amico. È stato dentro per un anno e mezzo, ma anche lui non era portato a seguire la band in tour e desiderava tornare alla sua vita normale e al suo lavoro.” Il disco esce per Ferrett Records, etichetta americana dedita a quello che qualcuno chiama metalcore e che raccoglie alcuni nomi degni di nota: cito preferenzialmente A Life Once Lost e Zao. Dopo Cave In e altri, ancora una volta assistiamo all'opera di una band a cui va stretta la politica del mercato Major. Ed ecco quindi che la band è tornata all'ovile dell'indipendente, seguendo una prassi ormai comune. “Succede spesso per divergenze artistiche: alla Atlantic non gradivano il nostro lavoro e volevano che scrivessimo più materiale. Insomma, per dirla tutta, hanno negato la pubblicazione di questo disco perchè non piaceva e noi abbiamo chiesto di andarcene. Non ci sono stati dissipori di sorta. Alla Ferret, invece, ci siamo trovati benissimo fin da subito. Siamo più liberi di fare la musica che più ci aggrada e ci sentiamo immensamente alleggeriti dalle pressioni che hai quando hai a che fare con una realtà grossa come una major.” Attraverso gli anni, album dopo album, l'assalto di un disco incredibile come 'The Opposite Of December' è andato stemperandosi in qualcosa di più curato e coeso, in cui il dettaglio è diventato il catalizzatore dello spessore dei loro dischi. Alla rabbia di quel fulminante esordio era seguito 'Tear From The Red', episodio transizionale, che enfatizzava la componente emo-tiva.. Quindi l'approdo ad Atlantic con il bel 'You Come Before You', album che si ergeva sia sulla mediocrità dell'emo che sulla pacchianità di molto metal core. 'Versions' spinge ulteriormente questo contrasto, a dire il vero senza troppe deviazioni; qualcuno potrebbe storcere il naso (incluso il sottoscritto), ma non ci si può fare nulla: è la naturale crescita di una band che ha perso la distruttività ma non la capacità di scrivere belle canzoni...basta solo questo a rendere buoni i dischi. Infatti “scriviamo la musica che ci ispira e ci emoziona nel momento e chi ci fa persistere nel desiderare di farne di nuova e di portarla sul palco. Le cose cambiano, le persone cambiano. Sarebbe semplicemente innaturale riproporre la musica che suonavi a 18 anni. Quindi è difficile che in futuro torneremo sui passi di 'The Opposite'.” Lo spettro dei colori è aumentato a dismisura, sono confluiti più umori. Ci sono pezzi che sintetizzano perfettamente che razza di messaggio voglia esplicare questa band: cito 'You Will Not Be Welcomed', brano scritto benissimo e prodotto meglio, talmente ineccepibile nella forma che a volte hai l'impressione che vi sia troppa laccatura. Ma funziona alla grande. Forse perchè frutto di un processo del tutto naturale, raramente precalcolato. “Non pianifichiamo nulla. Di solito ci sediamo insieme e cominciamo a scrivere musica: viene fuori quello che viene fuori, senza troppo pensarci su. Poi pensiamo a come strutturare le canzoni, le proviamo e le ascoltiamo. A volte sono grandi pezzi, altre volte sono da buttare. Teniamo i migliori e ce li portiamo in studio, dove lasciamo che crescano fino a diventare come li puoi sentire sul disco.” Moltissimi gli accorgimenti strumentali: un variegato lavoro chitarristico più curato rispetto al passato e un sapiente utilizzo dell'effettistica, con tanto di synth&samples, una cura per gli arrangiamenti di chitarra e per l'overdub vocale danno grande eterogeneità e spessore al disco. A chiunque vien da chiedersi come sarà possibile rendere tali accorgimenti su un palco. “Ci penseremo quando sarà il momento. Di sicuro non li riprodurremo come è possibile ascoltarli sul disco. Sceglieremo solo quelli necessari per la resa live dei pezzi e lasceremo inalterata l'attitudine. In questo modo sicuramente acquisteranno una dimensione diversa e avranno l'impatto che meritano. Ovviamente dovremo lasciare da parte alcune cose che sono venute fuori dallo studio...” La produzione dei suoni, in effetti, è impressionante, forse troppo, nel computo complessivo. Pelle Erickson e Eskil Lovstrom (gente che conosciamo per il lavoro con Refused, Breach e Cult Of Luna) hanno fatto un lavoro di cesello, di quelli che non se ne sentono troppi in giro: profondo e nitido ma non troppo artificiale, come di solito rischia di diventare quando si processa troppo un suono. “Sarò sincero: essi ci hanno aiutato un po', anche se non così tanto. Di solito, la maggior parte delle idee per creare il nostro “wall of sound” vengono da Ryan e molto del merito va di certo a lui. Eskil e Pelle hanno spinto al massimo le nostre potenzialità e hanno fatto in modo che dessimo il nostro meglio man mano che le idee saltavano fuori e venivano inserite nelle versioni definitive dei pezzi. Sono stati necessari per dare una dimensione professionale e curata al disco. Era successo anche per 'You Come Before You'.” Parlando dei testi e dell'artwork, ci troviamo sempre di fronte a temi molto personali, visti secondo un'estetica che fa dell'allegoria e del gioco di parole il suo pane per rendere il risultato glorioso e trionfante. Inoltre, è un progetto un videoclup, tratto da 'Letter Thing'. “Per i testi, dovresti parlare con Jeff, è lui che se ne occupa. Comunque so per certo che non ama parlarne troppo approfonditamente. A lui piace che la gente pensi quello che vuole quando presta attenzione alle liriche. Il significato che uno ne da dipende solamente dall'emozione che scaturisce sul momento nell'ascoltatore. So che Jeff cura molto questo aspetto. La scelta dell'artwork invece è avvenuta per gioco di contrasti: hai un'immagine semplice ed efficace di un paesaggio, per presentare un disco che non è poi così semplice ed accessibile come sembra; è un contrasto interessante. Per quanto riguarda il videoclip in programma, non posso rivelare nulla al momento, solo che siamo molto eccitati a riguardo.” Tuttavia, sarebbe errato pensare che i Poison The Well siano una band catturata dalla logica dell'apparire. Basta scorrazzare in giro per il web a caccia di loro emuli per rendersi conto di quanto poco poseur siano rispetto alla moltitudine. Questo evidenzia grande sicurezza e onestà di intenti, nonché una certa semplicità di intenti che di questi tempi latita come l'araba fenice: “sinceramente oggi giorno è veramente troppo, ci sono un sacco di band che ostentano un immagine e la curano sin nei minimi particolari, per essere cool. Personalmente mi piacciono le band vere e crude, che non fanno cose strane per farsi ascoltare e non ostentano un costume per risultare interessanti. Mi piace la gente che scrive buona musica, che la suona dal vivo nei panni di loro stessi e non nei panni del personaggio che si sono costruiti. Questo è quello che cerco dalla musica.” [Mirko Quaglio] |
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