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Concerto Pearl Jam - My Chemical Romance - Linkin Park - The Killers del 15/06/2007



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Heineken Jammin Festival

Venezia

15/06/2007

Cosa aspettarci da una giornata di metà giugno da trascorrere all’ insegna della musica di uno dei gruppi grunge più importanti della storia che il sottoscritto bramava (e brama tutt’ora) di vedere da un bel po’? Divertimento diremmo, eccitazione, gioia e tanto sano rock…in effetti, niente di tutto questo.

Sono le 12.30 circa quando la navetta che dalla stazione porta al festival effettua la sua fermata davanti all’ ingresso del Parco San Giuliano in Mestre. Già dalla tarda mattinata la giornata non prometteva granchè di buono, un timido sole compariva ad intermittenza tra nuvoloni minacciosi e raffiche di vento si abbattevano abbastanza frequenti sull’ area dell’ Heineken Jamin Festival. Tutto ciò però non bastava a prevedere la sventura che di lì a poche ore si sarebbe abbattuta sui 30.000 presenti.

Ore 14.30, iniziano i concerti, con le performances di tre noiose nonché banali proposte italiane che rispondono ai nomi di Capitain Mantell, Trikobalto e Le Mani (questi ultimi ritrovatisi, nostro malgrado, veri "headliners" della giornata). Ascoltiamo con orecchie distratte, birre in mano e terga appoggiate sul prato, fino a che l’attenzione si focalizza subito sul minaccioso cielo che progressivamente si trasforma da un grigio/azzurro ad un antracite tendente al nero.

“Mi sa che pioverà”, frase pronunciata un po’ da tutti, con intonazione quasi divertita, come a dire “ehi, siamo ad un festival rock! Non ci spaventeranno mica due gocce?!”Se però le gocce fossero più di due? E se con quel “più” non intendessimo un semplice temporale estivo refrigerante, ma una sorta di armageddon meteorologico spietato e cattivo come il diavolo? Perchè dopo un paio di minuti sarebbe stata questa la minaccia del cielo sopra le nostre teste.

Inevitabilmente iniziano le prime gocce, che si intensificano con il passare dei secondi. L’ atmosfera è allegra in un primo momento, anche perché diciamo che l imminente show dei My Chemical Romance non era esattamente atteso come il concerto della nostra vita, cui assistere in condizioni climatiche impeccabili e con concentrazione massima. In pochi istanti aumentano i cappucci dei k-way sulle teste degli spettatori e diminuiscono le risate divertite, che lasciano il posto alla corsa al riparo dall’acquazzone, con stand e tendoni vari presi di mira da chi come noi non attendeva sotto il palco il successivo concerto.

Inzuppati d acqua fin nei posti più impensabili, io e la mia fedele compagna di sventura troviamo riparo sotto un tendone dei panini relativamente vicino al palco, da qui assistiamo increduli a quello che sarebbe stato l unico show della giornata. Pioggia che si trasforma in temporale, cui si aggiungono chicchi di grandine dello spessore di qualche centimetro (a fine tempesta non sarà poi difficile notare braccia visibilmente segnate dal passaggio di quest’ ultima), raffiche di vento smisurate e improvvisamente buio. Lasciamo che la natura abbatta la sua ira sul festival, impotenti e un pelo preoccupati. Finalmente dopo un quarto d’ora di ininterrotta tempesta un raggio di sole palliduccio, ma pur sempre rassicurante riaccende la luce sul parco e le scene che ci troviamo davanti agli occhi sono le stesse che nei giorni immediatamente successivi all’accaduto hanno aperto la metà dei telegiornali e quotidiani d Italia.

8 torrette di amplificazione divelte con maxischermi (almeno 4) schiacciati dai tubi di ferro, parte sinistra del palco in cedimento, strumenti lasciati in balia della bufera, teloni strappati e incredulità generale. Il silenzio dei quasi 30.000 colpisce un po’ tutti. Un silenzio di disorientamento totale, rotto dalle sirene spiegate delle ambulanze che contribuiscono ad accrescere la tensione e dagli inviti dei poliziotti immediatamente accorsi a farci progressivamente (e ordinatamente c è da aggiungere) arretrare mantenendo la calma tra la folla in maniera professionale e rassicurante. L intera area di centinaia di metri quadrati, che in seguito sapremo essere posta sotto sequestro con pesanti accuse di disastro colposo mosse all’organizzazione, causa presenza di feriti seppur non gravi, viene transennata dagli agenti che con aria dispiaciuta ci comunicano la fine dei concerti.

Mogi e rassegnati noi 30.000 raggiungiamo l uscita (distante un buon chilometro dall’area concerti). Tra grungers con magliette sdrucite dei Pearl jam e gruppi di ragazzine reduci dalla fine della scuola con tanto di eyeliner impietosamente colato sul volto segnato da qualche lacrima ci facciamo strada per raggiungere la fermata dell’autobus che ci avrebbe riportato alla stazione. Sorpresa. (L’ennesima!). Causa alberi sradicati dal parco San Giuliano e catapultati sulle strade, quasi ogni mezzo di trasporto su ruote viene bloccato dai servizi di vigilanza, i quali prontamente ci informano dell’inutilità di attendere le navette predisposte al trasporto verso la stazione. 5 chilometri a piedi che ci saremmo volentieri risparmiati dopo la beffa della giornata. 5 chilometri che tuttavia ci hanno permesso di scaricare quel minimo di tensione accumulata e ragionare a mente più lucida sui gravissimi avvenimenti.

Una posizione sicuramente non invidiabile quella dell’organizzazione festivaliera italiana, che da adesso per i prossimi giorni avrà a che fare non solamente con pesanti accuse giudiziarie, con il rimborso di una cifra spropositata di biglietti (contando le tre giornate annullate si parla di quasi 200.000 tagliandi) e con ingenti perdite economiche cui rispondere, ma dovrà fare in modo di mantenere quel briciolo di credibilità che vuoi per allestimenti il più delle volte approssimativi, vuoi per eventi imprevisti o imprevedibili fronteggiati spesso in maniera inadeguata si sta progressivamente riducendo, facendo del Bel Paese una delle nazioni più arretrate a livello organizzativo musicale. Pensieri che ci abbandonano immediatamente non appena infiliamo gli auricolari nelle nostre orecchie tristemente troppo poco provate da un concerto “fantasma”.

Tra una “Black”, una “Rearviewmirror” e una “Nothingman” il treno percorre i chilometri che ci separano da Bologna e noi abbandoniamo le nostre fantasie a quello che sarebbe potuto essere, ma che non è stato, ad una giornata vissuta all insegna del rock andata in fumo, con tanta, tanta amarezza dentro.

[Rapi]


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