"A Sense Of Prepackage" sarebbe stato un titolo decisamente più calzante per questo nuovo capitolo della discografia degli In Flames. Il nono album della banda guidata da Anders Friden e Jesper Strömblad è l'ovvio passo successivo al precedente e già parecchio discutibile "Come Clarity" di poco meno di due anni fa. Agli In Flames non vanno affatto rimproverate le scelte stilistiche, bensì una caduta libera in termini di qualità del songwriting che si è palesata a partire da "Soundtrack To Your Escape". Nessuno dei dodici brani presenti riesce a farsi ricordare per qualcosa, vuoi un riff incisivo, vuoi una linea vocale che faccia veramente presa (a parte il refrain dell'opener "The Mirror's Truth"). "A Sense Of Purpose" vaga tra una rabbia oramai plastificata e di maniera ed una vena melodica decisamente discutibile. Si salvano le prime tre songs in scaletta e la lunga power-ballad "The Chosen Pessimist" (che è il pezzo migliore e più emotivamente sentito). Il resto sono semplicemente canzoni ben impostate dalle strutture tutte uguali e servono a ben poco gli up-tempos death metal sparsi qua e la ("I Am The Highway", "Sober And Irrelevant"). Un pò come i loro conterranei Soilwork, i nostri pare abbiano perso definitivamente la bussola e si aggirano ora tra la voglia di fare un pò di proseliti tra i più giovani e le ingombranti catene di un passato che trova le uniche eco nel tradizionale riffing melodic death, adesso alquanto consunto. Non si possono rimettere i peccati ad un album talmente insipido e che ad ogni solco dimostra una capacità di auto-plagio quasi stomachevole. Quando una band non ha più niente da dire può dignitosamente fare fare i resoconti e piantarla. Chissà se lo capiranno.
[Marco Giarratana]
Canzoni significative: The Mirror's Truth; Disconnected; Sleepless Again; The Chosen Pessimist.
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