Già da Ecforia sentivo qualcosa bollire in pentola, e degli Osian non volevo farmi scappare il secondo lavoro.
Prodotto da Frank Andiver (Ex Labyrinth, Wonderland, Mandragora Scream...) ed italiani, non privi di due ep e un un buon esordio, fanno più o meno tutto quello che ti aspetti dalla classica band alienata metal che non ha simpatia per spade, scudi, assoli e falsetti.
Leggi crossover, nu-metal. Quant'altro sia stato gettato in musica negli ultimi 10 anni che prevede melodia e rabbia.
Funzionano bene, fin troppo, le melodie e il cantato. A volte sento l'eco di Dez Fafara e i suoi Coal Chamber, ma solo nella timbrica più spinta, altre volte sento veramente il succo del disco, lo sbiadirsi delle cose che si amano. Mi convincono di meno alcuni riff, alcune aperture che non osano abbastanza. The fade of the loving things non è un disco oggettivamente imperdibile, non rappresenta un apice artistico irripetibile e tantomeno qualcosa di effettivamente nuovo, mentre gli Osian sono una delle realtà più interessanti nel panorama estremo alternativo italiano, al di là delle fisse mentali dei deja-vù e del già sentito.
Nulla di nuovo dal fronte, ma sicuramente è qualcosa di pienamente meritevole.
[ThrasherXXX]
Canzoni significative: The fade of the loving things, Blue wool fileds, Noir.
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