I Subarachnoid Space non hanno orde di teenagers urlanti sotto il palco. Si situano in una zona d'ombra, lontani da quella chiazza circolare di luce che illumina le grandi scene. Si agitano nel buio e nei meandri sconosciuti dell'universo rock e, anche a chi presta buona attenzione alle faccende del sottobosco, il loro nome può, ad oggi, risultare del tutto nuovo. Eppure sono tredici anni che producono musica, e nel 1997 hanno dato vita ad un vero e proprio capolavoro di dissoluzione spaziale mista a geometrie psichedeliche che si combinavano e scombinavano a ripetizione: "Almost Invisibile".
Aggregati al roster Crucial Blast (i nostri hanno un trascorso presso Relapse) e rimasti orfani del fondatore Mason Jones, i Subarachnoid Space ridefiniscono line-up e planimetrie e si lanciano in un ignoto spazio dove ci si può imbattere in vortici di pulviscolo che emana luce ("Akathesia") o in tempeste di misteriosa sabbia ("Lilith"). Con "Haruspex" si ispezionano gli anfratti ambientali del noise-rock, levitando su laghi di acciaio cari a Sunroof! e Skullflowers; l'ossessione fiammeggiante di "Bird Signs" ha in sé le risonanze del post-rock.
Le trame delle composizioni sono ben definite e nessuna dispersiva digressione è concessa negli sviluppi, mantenendo il discorso il più compatto possibile. Si configura così un album abbastanza essenziale, fatto anche dimostrato dalla mezz'ora entro cui "Eight Bells" inizia e finisce. I Subarachnoid Space si insinuano tra i pigmenti della ragione, appiccano fuochi e si dileguano. E tornano, lasciando intorno un greve rimbombo, nella penombra.
[Marco Giarratana]
Canzoni significative: Bird Signs; Lilith; Akathesia.
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