Sono trascorsi ben quattro anni dal battesimo di Tartar Lamb, progetto collaterale di Toby Driver e Mia Matsumyia, entrambi nei Kayo Dot (e il primo anche con gli eccezionali Maudlin Of The Well). L'atmosfera grottesca e surreale di "Sixty Metonimies" ribadiva la destrezza compositiva del duo anche lontano dalla formazione-madre, col violino della Matsumyia padrone di scorazzare come uno spettro per le distorte stanze di quel disco in bilico tra angoscia e sublime poesia.
Prodotto grazie alle donazioni racimolate da Driver sul web, "Polyimage Of Known Exits" non diverge dal punto focale della musica del progetto, anche se e' inevitabile constatare l'inattesa marginalita' cui e' relegato l'archetto della Matsumyia. Infatti, i quattro movimenti di questa lunga suite, che non conosce soluzione di continuita' e che rimane salda nei pressi dello sperimentalismo di Art Zoyd e Univers Zero, vedono salire in cattedra le cadaveriche melodie e i barriti improv-jazz dei sax di Terran Olson e Daniel Meats e del clarinetto di Jeremiah Cymerman, innesti si' utili all'ampliamento del campo cromatico dei Tartar Lamb, ma che solcano una seppur minuta crepa tra il presente e il passato. Soltanto nel quarto ed ultimo movimento Mia riemerge dalle tenebre per spennellare un caldo e suadente acquerello, che e' invero uno dei rari momenti in cui l'alta tensione emotiva dell'album si riduce di livello.
Immerso in una grumosa glassa di rumori e ingranaggi che scricchiolano, "Polyimage Of Known Exits" scivola in corridoi che galleggiano come flessuosi tubi che conducono chissa' dove in virtu' di un astrattismo formale che, per fortuna, non si traduce in evanescenza concettuale.
Non salveranno il mondo della musica, ma non meritano affatto di essere ignorati.
[Marco Giarratana]
Canzoni significative: 2nd Movement; 4th Movement.
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