L'attesa per il nuovo disco degli Afterhours è stata lunga. Dopo "Non è per Sempre", il doppio live e l'abbandono di Xabier Iriondo per rimanere a tempo pieno nei Six Minute War Madness e negli A Short Apnea, il gruppo sembrava destinato all'oblio. Per quello che per molti sarebbe stata una sicura fine, si è rivelata per il gruppo una nuova partenza. Un ottimo modo di levarsi di torno fan poco graditi e di permettersi scelte artistiche e musicali completamente nuove. "Quello che non c'è" si apre con l'omonima track e si rimane subito spiazzati. Il suono è diverso ma la voce di Manuel ci aiuta a rimanere a galla. Dopo un ritornello fantastico (futuro anthem per i prossimi concerti) c'è la coda finale chitarristica e molto "sonica". La prima canzone è, al contrario del precedente disco, il manifesto dell'album. Possiamo rintracciare tutte le influenze che si andranno a sentire nell'album come un gioco di citazioni. Stavolta Manuel non ha fatto il famoso "cut-up" per i testi ma bensì per le musiche. I più gettonati sono i Flaming Lips, i Sonic Youth e i Velvet Underground. Ovvero la sacra triade del rumore bianco. La mancanza della chitarra di Iriondo si fa sentire ma Manuel riesce comunque a cavare dallo strumento dei suoni meravigliosi e abbastanza originali (Bye Bye Bombay e Bungee Jumping sono illumanti). Un altro plauso va a Manuel per le linee melodiche mai scontate (vedi "La Gente Sta Male") e mai così lontane dallo slogan ad effetto tipico degli Afterhours. Due segnalazioni finali: la penultima canzone è un racconto sullo stile dei Massimo Volume molto ad effetto, mentre l'ultima canzone (Il Mio Ruolo) è solo la canzone più brutta mai scritta dal gruppo. Qui si che si sente la mancanza di Xabier.
[Dale P.]
Canzoni significative: Bungee Jumping, Quello Che Non C'è
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