Mediamente una band nei primi quattro album ha già detto tutto quello che ha da dire, ha sfornato alcuni capolavori e inizia a lavorare di mestiere. Magari nel mentre ha anche sfornato tre o quattro singoli tormentoni che si porterà avanti per l'intera carriera. I Bully no. I loro dischi sono buoni per natura ma non fanno girare la testa per idee o innovazioni. Le canzoni tengono compagnia per un po' di tempo ma poi difficilmente rimangono. Magari manca quell'effetto che solitamente hanno alcune canzoni se messe come sottofondo di una serie tv o di un film. Passati da una major (l'esordio) alla re delle indie Sub Pop la sostanza non è cambiata: Alicia Bognanno continua a far tutto da sola, questa volta lasciando la produzione a Justin Thomas-Daly. Quale è il problema dei Bully? Nessuno, semplicemente quello di essere un progetto che non cerca una strada facile ma si muove come tributo ad un certo modo di fare alternative rock. Si sentono echi di Breeders, Veruca Salt, Hole, Elastica, Muffs e, ovviamente, Nirvana. Ma anche band "nuove" come Beabadoobee, Oliva Rodrigo, Wolf Alice, Skating Polly, Snail Mail.
Alicia sa scrivere molto bene e forse questo è il suo disco più a fuoco. Un paio di pezzi sono dei capolavori di immediatezza (Change Your Mind), altri di intensità (le finali Ms America e All This Noise sono esemplari): c'è solo da cercare un contesto per cui ce le faccia durare nel tempo. Chissà. Nel mentre mi godo queste settimane con in cuffia "Lucky For You".
[Dale P.]
Canzoni significative: Harvester, Midnight Boy.
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