Quando ti chiami Joe Lally non puoi che vivere all'interno di un'ombra molto più grande di te. Un'ombra che si chiama Fugazi, ma anche Ian MacKaye e Guy Picciotto. Se tra le persone comuni questa situazione porterebbe risentimento e voglia di rivalsa, al quieto Joe, al contrario, manca. Come una coperta di Linus.
Perchè tra un Ian sempre più a suo agio negli Evens, tanto da aver quasi dimenticato i Fugazi, un Guy Picciotto sempre più nei panni di producer, del basso di Joe importa veramente a pochi. Peccato che abbia contribuito anche lui a rendere leggenda il nome Fugazi grazie ai suoi fantasiosi giri (basterebbe solo "Waiting Room" per consegnarlo alla storia).
A Joe mancano i Fugazi e questo "There To Here" non fa niente per nasconderlo. Basso in primo piano che continua a girare nel solito modo riempito da una voce timida, che sembra quasi fare il coro ad una melodia cantata da qualcun'altro che non c'è.
Viene malinconia ad ascoltare questo disco. Soprattutto rapportato al lavoro degli Evens, urgente e urticante. Qua dentro c'è solo il pianto e il ricordo di qualcuno che non c'è più. Ci immaginiamo Joe che accende l'ampli, imbraccia lo strumento e inizia a suonare quelle canzoni, chiudendo gli occhi. Immaginando che il tempo si sia fermato si ritrova con i compagni della band portando nuove idee. Registra, prende appunti. Poi, purtroppo, riapre gli occhi. Ed è solo.
In "Sons And Daughters" si ritrova a cantare come potrebbe farlo Ian. Come un ritornello da far ascoltare ai compagni.
Questo disco è un diario. E come i diari è portatore di malinconia. Se cercate musica siete nel posto sbagliato. Se cercate qualcosa di più allora "There To Here" non vi tradirà.
Joe ha perso e per questo ci viene voglia di abbracciarlo e volergli bene...
[Dale P.]
Canzoni significative: The Resigned, Billiards.
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