Come i gatti, gli Stone Temple Pilots mostrano di avere molte vite. Dopo le lunghe vicissitudini di Scott Weiland culminate con la sua morte e la dipartita anche di Chester Bennington, per breve tempo dietro al microfono della band, l’arrivo del cantante Jeff Gutt sembra aver riportato il sereno nel cielo di San Diego.
Dopo il ritorno del 2018, gli STP si presentano in veste completamente acustica per questo nuovo “Perdida”. Le atmosfere sono quelle di alcuni vecchi grandi successi del gruppo che mostra di essere a proprio agio con la spina staccata; si rincorrono belle ballate come “Fare Thee Well”, “Three Wishes” e “I Didn’t Know The Time”, mentre la title track ha un cupo sapore latineggiante. Si passa poi a brani più minimali come “Years”, in cui spicca un bel sax malinconico, agli accenni blues di “She’s My Queen”, sino al decadente walzer di “Miles Away” e a “Sunburst” che con la sua lunga coda chiude il disco.
La voce di Gutt è incredibilmente simile a quelle di Weiland, anche se manca l’interpretazione sofferta e l’effetto finale è un po’ troppo pulito. I suoni del disco sono caldi, la produzione è cristallina e valorizza gli arrangiamenti arricchiti qui e là di flauto, archi, sax e piano. L’effetto finale è quello di un disco inevitabilmente un po’ monocorde, ma gradevole e ricco di sfumature.
[Francesco Traverso]
Canzoni significative: “Three Wishes”, “Years”, “Fare Thee Well”.
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