Incrociai gli Svalbard per la prima volta credendoli parte della scena black metal islandese scoprendo poi di sbagliarmi di grosso: il nome fu preso dalle omonime isole norvegesi mentre loro provengono da Bristol, Inghilterra. Scoprii però una band un po' acerba ma interessante che fin da subito ha accolto le simpatie di parte della scena estrema. Si potrebbero definire il perfetto gruppo copertina da Kerrang: visini carini, influenze che spaziano dall'hardcore più furioso al black metal più sognante. E infatti se cercate su youtube li troverete nel bellissimo formato K! in The Pit.
Dopo tre dischi per la Holy Roar approdano su Nuclear Blast che gli garantirà palchi più prestigiosi e tour più importanti, magari in compagnia di band storiche. E sarà il modo giusto per far maturare i quattro, ancora un po' insicuri nella scrittura di canzoni che suonano più un tributo che una reale necessità. Svalbard suonano bene e fanno il compitino perfettamente ma proprio per questo suonano un po' troppo generici. C'è da dire che il genere in cui si piazzano è abbastanza misero quindi potranno dire la loro una volta trovata la quadra o quelle due o tre canzoni che possano giustificarne l'esistenza. "The Weight Of The Mask" è quindi un buon prodotto per tutti gli amanti del post-hardcore che flirta con il post-black metal (o blackgaze): non sono nè gli Alcest, nè i DeafHeaven, nè i Touchè Amorè ma un tentativo di miscelarli.
Da tenere d'occhio.
[Dale P.]
Canzoni significative: November, Eternal Spirits.
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