Circa 20 anni fa nelle riviste musicali si parlava di una band che mescolava sapientemente Black Sabbath e Led Zeppelin. Si chiamavano Soundgarden. Nella band di Chris Cornell però la percentuale Black Sabbath era ben più rilevante di quella dei Led Zeppelin (giustamente), e in più venivano aggiunti vaghi sapori indie/punk dell'epoca (Black Flag in primis) e sporche anticaglie (Stooges).
Ai Wolfmother più essere appliccata la stessa addizione Black Sabbath+Led Zeppelin ma aggiornata ai tempi nostri (White Stripes e Queens Of The Stone Age) e con una devozione maggiore verso la coppia Jimmi Page e Robert Plant. Va da sè che risultino decisamente meno interessanti. Il disco, infatti, è una classica raccolta di anthem hard rock che farà la felicità dei nostalgici degli anni 70 ma lascerà indifferenti tutti gli altri. Ovvero coloro che pensano che la musica, in tutti questi anni, abbia fatto passi da giganti.
Quest'esordio risulta quindi il classico disco da una stagione e via. Niente per cui occorra gridare al miracolo. L'avesse fatto Glenn Hughes sarebbe stato ricoperto di insulti, ma stranamente, trattandosi di tre ragazzotti twenty-something già si parla di capolavoro.
Al giorno d'oggi se devo ascoltarmi un bel disco rock le mie attenzioni vanno verso i Dead Meadows. O piuttosto verso i Motorpsycho. E, se devo spendere dei soldi cercando la stessa musica, esistono numerose offerte...
[Dale P.]
Canzoni significative: Colossal, Woman, Mind's Eye.
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